Le patologie oncologiche sono quelle che allo stesso tempo hanno subito in misura minore e maggiore gli effetti dello stop alle prestazioni procrastinabili deciso dal ministero della Salute. Da un lato infatti ci sono le chemioterapie, che sono quelle che meno hanno patito la sospensione. Un discorso che vale anche per le visite di follow-up nei pazienti oncologici. Dall’altro c’è invece la prevenzione, ovvero gli screening oncologici per il cancro alla mammella e al colon retto, che invece hanno visto ridursi in maniera significativa le visite eseguite. Una circostanza che, secondo un già citato studio uscito su Lancet nel luglio 2020, potrebbe tradursi in un incremento dei decessi per cancro al seno a 5 anni dalla diagnosi compreso tra il 7,9 ed il 9,6% ed in un aumento delle morti per il cancro del colon retto, sempre a 5 anni dalla diagnosi, compreso tra il 5,8 ed il 6%.

Il grafico mette in relazione la percentuale di chemioterapie e visite di follow-up oncologico rinviati nel periodo compreso tra il 1 marzo ed il 30 aprile 2020, censiti da Pazienti dimenticati, e l’incidenza dei contagi ogni 100mila abitanti, calcolata sul totale dei casi registrati nel periodo considerato a partire dai dati della Protezione civile. In generale, più un punto è in basso, più è alta la percentuale di operazioni rinviate, più si trova a destra, maggiore è l’incidenza dei contagi. I punti in rosa sono quelli per cui la percentuale è calcolata sugli effettivi rinvii, quelli in grigio sono quelli per cui il calcolo è avvenuto sulla base degli interventi eseguiti nello stesso periodo del 2019.

Come si può notare, anche in zone duramente colpite dalla pandemia come la provincia di Cremona (i tre punti più a destra sul grafico), la riduzione delle sedute di chemioterapia è stata contenuta. Ci sono anzi molte realtà che hanno visto un aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E del resto i ricoveri elettivi oncologici rientravano tra le attività che la circolare ministeriale del 16 marzo 2020 definiva come non procrastinabili. L’effetto della sospensione, come detto, rischia però di farsi sentire sul medio periodo. Il tema, come detto, riguarda la prevenzione:

“Lo stop dello screening si tradurrà in un incremento delle diagnosi tardive. Il tumore progredisce e se la diagnosi non viene effettuata allo stadio 1, ma a quelli successivi, la probabilità di cura si riduce”, spiega Lucia Del Mastro, professore associato di Oncologia all’Università di Genova e Direttore della Breast Unit del Policlinico San Martino sempre di Genova. Ovviamente, non è un discorso generalizzato. Per quanto riguarda il tumore della mammella, “abbiamo dei sottotipi meno aggressivi, che rappresentano il 70% dei casi, e per i quali un ritardo diagnostico di 4-5 mesi ha uno scarso impatto. Ci sono invece sottotipi biologicamente molto aggressivi, come il triplo negativo in cui fino al 99% delle cellule si riproduce, in cui un ritardo nella diagnosi si traduce in una crescita importante del tumore”. E potenzialmente anche in una diagnosi più infausta. Difficile, oggi, valutare gli effetti a lungo termine: “li vedremo col tempo. Quello che vediamo oggi è un maggior numero di diagnosi ad uno stadio più avanzato rispetto all’anno precedente”.